Le festività passarono, finì anche l'esposizione in un paesino vicino la mia città nella quale furono interessati una decina di modelli, e si ritornò alla routine. Mi ero riposato abbastanza, dopo aver tenuto la testa chinata sul parlamento per più di due mesi (il collo doleva ancora un po'). Era il momento di tornare all'opera. Stavo studiando nel salotto di casa, il luogo in cui espongo le mie "punte di diamante", quando ebbi una sorta di illuminazione. In quel momento la mia mente vide sul tavolo un grande modello esposto, una cattedrale. Avevo sempre pensato di concentrarmi su quella chiesa, ma ero terrorizzato dall'idea di dover progettare una cupola, alquanto ostile nei miei confronti. Non avevo le giuste competenze, tantomeno gli strumenti idonei. Quel giorno di gennaio però i miei occhi furono abbagliati da quella visione. Un mese e mezzo dopo non dovetti più immaginare il modello sul tavolo: potevo infatti toccarlo.
Ma prima di arrivare al momento in cui posai la pesante base lignea sul tavolo delle esposizioni,dovetti rimboccarmi le maniche, in un lavoro che risultò però particolarmente fluido e regolare. Scelsi una base di spessore maggiore, poiché il modello sarebbe stato abbastanza grande. La chiesa, o meglio, la Cattedrale di Saint Paul, era destinata ad essere il mio primo modello del 2020, primo modello del ciclo delle cattedrali (progetto non ancora nato all'epoca) e quarto e penultimo lavoro del ciclo londinese. I cartoni utilizzati erano compatti, di spessore medio e, ovviamente, bianchi. Ci fu un sensibile distacco con il predecessore: proporzioni nuove, colori nuovi, materiali nuovi.
Mi ero procurato una base di mdf di 2cm di spessore. Questa volta la planimetria era abbastanza semplice ma mi avrebbe dato l'idea delle dimensioni dell'edificio. Il processo di costruzione si svolse sotto certi aspetti in parallelo a quello della cattedrale londinese, anche se la pianta era totalmente diversa. Un parallelepipedo come perno centrale dal quale sarebbero partite le varie diramazioni: navate, transetto ed abside. Più che per la struttura di per sé, il punto saliente e maggiormente impegnativo (oltre alla cupola) era rappresentato da tutti gli elementi decorativi delle mura. Un esoscheletro di righe di marmo nero (in verità di un verde molto scuro) si alternava al tipico candore della pietra nobile. La dicromia marmorea è una caratteristica dell'architettura toscana, a partire dalla piccola chiesa di San Miniato al Monte (che avrebbe dato ispirazione a tre delle maggiori chiese del capoluogo, duomo compreso) fino ad arrivare a esempi in centri meno conosciuti, ma che comunque meritano una visita. Quelle forme geometriche spigolose (con ben poche curvature) avrebbero dato un effetto quasi maculato alle pareti, direi "leopardato". Sulla facciata spiccavano tre rosoni profondamente strombati. Non potevo ignorare quel dislivello, così dovetti rimboccarmi le maniche e cercare di arrivare ad un risultato accettabile.